Ed ecco che, dopo tante chiacchiere, faccine, coccole, premure, inizo a sentire che il nostro rapporto sta cambiando. Non che mi passi la serenità di considerarla confidente… Ma mi viene da darle del lei. Glielo dico (perché il consensuale va mica solo dall’alto in basso; anche da sopra devono essere d’accordo su ciò che viene da sotto) e lei concorda.
Sorrido.
Un brivido mi increspa la pelle.
Ora siamo più distanti, io e Lei, ma allo stasso tempo più vicine. C’è in questa distanza che ci separa – io a terra, sul pavimento, in ginocchio, sottomessa, e Lei in alto, in piedi, in poltrona, dominante – un’unione più forte. La Sua scarpa che mi preme sulla guancia e mi fa girare il viso è una carezza più intima di qualsiasi altra. Questo muro invisibile che non posso superare, fatto di devozione, rispetto, silenzio e sottomissione, me la fa sentire più vicina che se mi stesse abbracciando. Questo accordo in cui suoniamo assieme ognuna la propria nota, per vivere ciascuna la propria pulsione che si riflette in quella dell’altra, ci unisce tanto più quanto ci mantiene separate.
Fremo e mi lascio trasportare da questa nuova, distaccata intimità, attendendo con impazienza di incontrarla la prossima volta.