Ogni minuto del mio tempo libero, ovvero del tempo che non ho occupato dal fare qualcosa, discuto. Non con qualcuno: con la mia testa.
Nel mio cervello si affollano persone – o meglio, la versione di loro che ho nella mia testa – e ci faccio lunghe e complesse conversazioni. Possono essere amici, parenti, conoscenti o anche il lattaio o l’automobilista appena incontrato.
Di solito il dialogo inizia con l’altro che mi accusa di qualcosa, di qualche mancanza, errore, disattenzione, o addirittura di lati del mio carattere che non vanno bene. Mi rinfaccia cose che ho fatto o che non ho fatto, o che lui pensa che abbia fatto. Io allora mi difendo, ribatto, argomento in mio favore.
Se l’interlocutore è una persona a me vicina (il marito, la mamma, eccetera) visualizzo il suo viso, sento la sua voce e parla con un tono e con espressioni che gli sono proprie. Questo non significa, tuttavia, che mi abbia mai detto le cose che immagino mi dica; magari potrebbe dirmele, ma più probabilmente non me le direbbe mai. Nella mia versione interiore di queste persone, sono tutti stronzi e antipatici e mi trattano di merda. Cosa che *non* combacia con la realtà.
La discussione è estenuante. Sembra procedere di vita propria e non riesco ad interromperla facilmente. Non me ne posso andare: è tutto nella mia mente. In teoria, proprio per questo dovrei avere un controllo assoluto e fermare il dialogo quando mi pare; invece, prosegue in sottofondo come una tv dimenticata accesa.
Lungi dal darmi forza, la litigata che sostengo in mio favore mi abbatte il morale. Sebbene combatta per difendermi, le accuse che mi vengono rivolte mi distruggono.
In effetti, però, nessuno mi sta trattando mae; nessuno mi accusa; nessuno mi contesta. Sono io stessa a farlo. Incarico un personaggio altro di portare avanti la pubblica accusa, ma non si tratta di altri che di me stessa: è tutto nella mia testa. Mi auto massacro l’autostima.
Poi ovviamente rimango risentita e triste nei confronti della versione reale del mio interlocutore, sebbene mi renda conto che non ha davvero fatto nulla. Anzi, spesso mi sostiene, al contrario della sua versione immaginaria che incarico di darmi addosso.
Si tratta, alla fine, di Programmazione Neuro Linguistica. Più mi insulto, più mi convinco di essere una persona da insultare e denigrare. Dovrei imparare a girare a mio favore l’immensa potenza di questa mia capacità immaginativa, per caricarmi e darmi forza, invece che per segarmi le gambe.
Non ho una conclusione per questa riflessione; sto ancora discutendo.