Divento una persona che non mi piace essere.
Arrogante, presuntuosa, antipatica. Ambiziosa. Superiore. Non più servile, né sottomessa al servizio della felicità altrui. Non più terrorizzata ma non ancora coraggiosa, non più colpevole ma non ancora liberata, non più in attesa ma non ancora capace di iniziativa.
Contemporaneamente se tento di tornare ciò che ero rimango a disagio. Quell’essere non mi appartiene più. Ma quello che sto diventando non mi appartiene ancora, né voglio che mi appartenga. Mai. Non così come mi appare.
Ci deve essere un modo per correggere la rotta, per stare bene senza essere stronza – per non sentirmi stronza nel mio tentativo di stare bene. Per non restare tesa un giorno intero per qualcosa che non c’è. Per imparare a vivere le piccole cose, accettare l’imperfezione mia e altrui, godere del sole e della pioggia.
La teoria la so, la conosco. Ma non riesco ad applicarla. Mi sembra sempre, solo, un’accozzaglia di belle parole, mentre la mia esistenza mi dimostra in ogni istante di non essere all’altezza delle mie aspettative, o anche solo dei miei sforzi.
Vorrei soltanto poter essere senza sforzo la persona che vorrei essere, serena; ma questa persona mi appare sempre più come un miraggio che si prende gioco di me.
Come vorrei poter smettere di giudicarmi.