Quando tengo molto a qualcosa, com’è naturale temo di perderlo.
Così, attuo due diversi meccanismi di difesa: uno è non pensarci proprio. Vado in giro, lavoro, faccio, brigo: tengo la mente occupata da un’altra parte occupando il corpo in diverse attività. Se non c’è altro, navigo su internet leggendo roba qua e là (internet è piena di roba). L’altro è deprezzare dentro di me questa cosa cui tengo. Faccio finta che non m’interessi davvero poi così tanto. Vabbè, anche se poi non si fa chissenefrega, giusto? ho ben altre cose più importanti da seguire, io, nella mia vita; ehi, non posso mica stare a pensare a quello tutto il tempo! E poi è ancora acerba.
La cosa importante, però, è come un impiegato coscienzioso nell’ufficio del mio cuore. Gli altri (quelli che mi tengono occupata altrove o disprezzano) passano, aprono la porta del suo ufficino e gli dicono: ma come, sei ancora qui? dai su, lascia perdere, esci, prendi permesso, vai al bar. Ma lui niente: sorride, abbozza, ma poi torna al suo importante lavoro. Che è quello di ricordarmi che c’è questa cosa importante, rinfocolandone il desiderio e, infine, scaldandomi.
Questa settimana ha avuto un sacco da fare, questo omino. Colleghi e superiori sono passati a maltrattarlo un sacco di volte, a prenderlo in giro per la tenacia con cui manteneva caldo il pensiero della mia cosa importante. Hanno sovrapposto impegni, pensieri, cercato di sommergerlo in un mare di scartoffie. Hanno persino minacciato di licenziarlo, e cercato di spaventarlo dicendo che loro, sì, avevano fatto un buon lavoro, inducendomi a fare un danno e quasi -quasi!- ad annullare la cosa importante in programma. Ci sono un sacco di impiegati stronzi, nel mio cuore. L’omino si è spaventato ma non ha mollato: ha ricontrollato le scadenze e tutto era ancora in ballo, quindi si è dato da fare per ottimizzare le risorse e portarmi avanti.
Ha fatto un lavoro eccellente, devo dire, e lo ringrazio.
Siamo arrivati in fondo e, anche se in ufficio c’è confusione come sempre, con gente che urla di impegni futuri e cerca di fare cagnara per distrarmi, ecco: lui è lì in piedi, il fascicolo in mano, pronto. Orgoglioso di sé com’è giusto che sia.
Andiamo. Oggi c’è un treno da prendere, un’emozione da vivere.