C’è un momento, nel movimento della danza, che i tuoi piedi sanno cosa fare. Non devi più pensarci; il piede nudo si posa sul parquet, si solleva, vola. La coreografia non è più questione di concentrazione, di testa, per ricordare la sequenza dei passi. Il pavimento diventa elastico e ti fa rimbalzare in aria. La mente si svuota e ti lasci trasportare dal ritmo, dalla musica, o anche solo dal secco scandire il tempo della voce della regista, dal battere sul tamburo di legno.
La sensazione del piede nudo che si sposta con saggezza sul terreno è ciò che conta, qui. Mette in contatto con la Terra, con la divinità. Danzare è un atto sacro – per questo è nato, in tutte le culture del mondo.
Il piede si muove. Il corpo lo segue. La fatica è solo un accessorio, un braccialetto; non è che non ci si faccia caso, solo diviene parte stessa della danza. La fatica ti informa di ogni singola parte del tuo corpo che si sta muovendo ora; ti fa sentire la coscia, il calcagno, la pancia, il braccio, il dito. Non ci sono più parti di te che ignori; tutto il tuo essere è permeato dalla fatica e canta, libero di potersi esprimere.
Così voglio sentirmi ogni giorno: viva, sudata, forte. Felice nella consapevolezza di me che mi dona la fatica di fare qualcosa che amo fare.