Tempo e fatica

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Questa settimana che va concludendosi è durata tantissimo. Mi sembra sia passato un mese.
Ho lavorato molto; ho parlato con molte persone, ho pensato moltissimo. Non ho quasi passato un minuto senza essere concentrata su qualcosa, che fosse di lavoro o personale.
Ho cercato di rimanere a fuoco su questioni importanti che richiedevano una decisione, e sono riuscita ad arrivare ad una conclusione.
Ho provato ad essere precisa nei miei compiti; di obbedire a tutti gli ordini e a tutte le indicazioni. Non sono sicura di esserci riuscita: ho cercato delle scappatoie.

Ciò che mi spaventa e mi fa recedere dall’impegno non è la fatica in sé di portare a compimento tutto; è la prospettiva della fatica, l’idea che sarà difficile, faticoso, impegnativo, che mi richiederà di essere attiva ed attenta.
Invece, quando vi sono immersa, la fatica diventa un peso distribuito che riesco a sostenere. Anzi: mi stimola a dare il meglio di me.
Quello che mi frega sono i compiti che hanno a che fare con me stessa; le cose che mi dovrebbero fare stare meglio, migliorarmi – ma che richiedono comunque attenzione ed impegno. Dieta, astinenza.

Quando l’obiettivo sono io stessa, fatico a restare concentrata; cedo alle tentazioni, alla pigrizia, all’autoindulgenza.

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