Quando sono giù, il sole anche se splende non mi illumina.
Cammino come allucinata, gli occhi strizzati, quasi irritata che la giornata sia bella, il cielo sereno: quasi mi sbeffeggiassero nella mia malinconia.
Mi guardo intorno cercando consolazione, cercando un appiglio per risalire dalla mia tristezza, cercando di vedere ciò che di bello c’è intorno a me per risollevarmi il morale.
A lato del marciapiede c’è un piccolo fosso verde d’erba e colorato di fiori: i papaveri rossi, quei piccoli fiori gialli che fanno piccoli soffioni, ma che non sono tarassaco. Mi torna in mente che il tarassaco in inglese si chiama dandelion, che è un nome, un suono, una parola che mi piace così tanto; lo trovo musicale, sereno, come un’altalena in un prato estivo.
Quando sto per riprendere a sorridere, noto le immondizie trascinate in fondo al canale di scolo. Bottiglie, lattine, carta, plastica. C’è un qualcosa di orribile, di sporco che rovina queste piccole, belle cose. Così mi sento anch’io: c’è sempre qualcosa di schifoso in me che guasta l’insieme della mia vita – o così mi pare.
Allora mi chiedo: le cose brutte sono sufficienti a rovinare anche quelle belle, che pure ci sono e fioriscono? Oppure la bellezza anche delle piccole cose è sufficiente a far dimenticare le cose brutte, che si trovano sempre?
Il papavero ed il mozzicone: cosa vedo prima? di cosa mi resta il ricordo?