Dentro di me si nascondono profondità. Nella mente, nel cuore, nelle viscere: un intero mondo nascosto dalla luce del sole, freddo eppure caldo, ostile eppure accogliente.
Quelle profondità non lasciano andare via facilmente: ci si innamora del buio, dei riflessi delle acque torbide, dei coralli e di tutto ciò che vive in quegli abissi. Creature oscuramente familiari, che si nascondono negli anfratti e si desidera invece scovare, fare uscire, far respirare; così simili eppure così diverse dal sé che si conosce in superficie.
Sento sempre il richiamo di quelle profondità. Il desiderio di immergermi dentro me stessa, di scendere giù, cambiare prospettiva, percezione. I suoni diventano ovattati, le sensazioni pervasive, scorrono su tutto il corpo come immersi in un liquido denso. Tutto diventa meravigliosamente, curiosamente distorto.
Sono profondità in cui ci si può perdere; luoghi da cui si può non volere o non riuscire a tornare.
Risalire da certe profondità in modo repentino e brusco provoca embolia e dolore. Bisogna risalire lentamente, dolcemente. Lasciare scorrere le acque perché tornino placide nell’abisso, pronte ad accoglierti di nuovo, la prossima volta: un luogo sicuro in cui rifugiarsi.