Non ci si può fidare delle proprie percezioni.
Imparare a seguire la pancia (o l’istinto) è un lavoro: non è fare qualsiasi cosa ti venga, ma imparare a capire cosa senti, cosa è genuino, cosa desideri davvero, e cosa deriva invece da sovrastruttura, da ciò che hai imparato a desiderare, da ciò che hai interiorizzato come corretto o accettabile.
Spesso la mia prima reazione deriva da queste ultime impostazioni, non da ciò che sono davvero, nel profondo, dentro di me. La sovrastruttura è anche ciò che la propria psiche ha costruito per proteggersi: fuga, evitamento, lotta, negazione, esaltazione. Il mio primo istinto è il pattern, è il solco: è scavato così a fondo che sembra l’unica verità, l’unica via possibile: è così facile! mi viene così istintivo! dev’essere giusto. Invece no: proprio da questa percezione bisogna imparare a diffidare.
Dopo molto lavoro riconosco se un’emozione che provo è positiva o negativa, se l’attivazione che sento è disfunzionale o funzionale. Sento se questa emozione mi porterà cose buone o cattive, alla lunga, se mi farà bene o male. Ma lo stesso non posso impedirmi di provarla; non posso impedire che si attivi per primo lo schema.
Quello che posso fare è conoscerlo, conoscermi e imparare a disinnescarmi.
Il che significa non solo farmi del bene, ma anche potermi innescare, se lo desidero. Lasciarmi andare al sentire profondo, al fluire burrascoso delle emozioni, all’incresparsi dell’anima.