Mi succede di sentirlo di nuovo quando vado a trovare due amici vanilla. Stanno ristrutturando casa: per andare al bagno attraverso una stanza denudata e fredda, piena di arnesi da lavoro e calcinacci; quando entro nel bagno invece è caldo e l’atmosfera è densa di un’umidità che non trova sfogo. Aleggia così un sentore di umido, di cantina, di precursore della muffa. Sono tentata di aprire la finestrella per far girare l’aria, dare respiro al piccolo locale, ma sono in casa d’altri e fuori fa freddo, così lascio stare.
Però è un odore che mi prende alla gola e mi riporta ricordi che non amo.
Ricordi di incontri di molto tempo fa, in una casa con terribili e strutturali problemi di umidità, in cui alcune pareti erano nere di muffa nonostante le sanificazioni cicliche.
Quell’odore era ovunque; soprattutto in bagno, che si gonfiava di caldissimo vapore acqueo dopo la doccia mentre subito fuori la casa era gelida. Ma anche nel soggiorno dove stavamo, riscaldato da una stufa a gasolio che non asciugava niente. Ed era nei vestiti e nella pelle delle persone che incontravo ed abbracciavo.
Era un odore che mi metteva fortemente a disagio, e il disagio era amplificato dal fatto che non avrei voluto essere a disagio: erano incontri BDSM, volevo fare delle cose, sapevo che c’erano delle aspettative, come le avevo io, e invece il mio umore veniva rovinato da quel persistente sentore di muffa, con conseguenti sensi di colpa. Non riuscivo ad esprimere quel disagio: mi sembrava sarebbe stato irrispettoso e scortese spiegarlo.
Così mi restava dentro, ad impregnarmi le viscere come quell’umidità.
Ancora oggi quell’odore mi riporta quel disagio, quel senso di trovarmi nel posto sbagliato, di sentirmi costretta a fare delle cose di cui non avevo più voglia anche se avrei dovuto averla. Un senso di delusione cocente nascosta dietro un velo di cortesia e comprensione.