Darsi il permesso

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Una volta avevo bisogno che qualcun altro mi desse il permesso.

Non per una cosa specifica: in generale. Darmi il permesso di vestirmi carina, di andare da qualche parte, di avere stima di me, di mangiare determinate cose. Non ero in grado di decidere per me stessa: mi sembrava di non averne diritto, che fare o chiedere o prendere qualcosa solo per me stessa fosse un atto di presunzione intollerabile, che mi avrebbe ascritta tra gli stronzi.

Avere un Padrone cui delegare questa parte della gestione di me che mi era così difficile era perfetto, liberatorio, lineare, consensuale. Perché mi era anche chiaro, a livello razionale, che non era corretto che una persona dipendesse dal permesso di qualcun altro. Non siamo mica più nel medioevo; se un’amica mi diceva “il mio ragazzo non mi permette di fare x o di indossare questo” mi indignavo (e mi indigno tuttora). Quindi poter negoziare in modo consensuale questa rinuncia di autonomia era l’uovo di Colombo.

Per fortuna, una delle cose che mi venne insegnata dal mio primo, vero, Padrone era che avevo diritto a chiedere per me. Certo quell’insegnamento trovò molta resistenza da parte mia, e tornai indietro molte volte. Uno dei problemi fu che era un circolo vizioso: accettavo quell’insegnamento perché veniva da lui; andava bene perché non ero io, ma lui, con la sua autorità, a permetterlo. Interiorizzarlo era tutto un altro paio di maniche. Quindi una volta finita la relazione D/s persi colpi. Quello che era entrato dalla porta usciva dalla finestra (per parafrasare il modo di dire).

Oggi, dopo tanto destrutturare e scavare per scoprire le mie radici, va molto meglio: ho (quasi) imparato a capire cosa desidero e chiederlo, o cercarlo, e questo mi rende non solo una persona più completa ma anche una migliore sottomessa.

Poi, a tratti, faccio una gran fatica: mi dibatto tra i miei desideri inespressi, la frustrazione di sentire che meriterei di più ma non sono capace di accettarlo e l’attesa che qualcun altro mi legga nel pensiero e venga a realizzare quello che nemmeno io so che vorrei.

Per fortuna, ho un Padrone. Per tutto il resto, c’è Mastercard!

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