Non voglio più

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Dal piacere più intenso al dolore più atroce.
Dall’eccitazione più voluttuosa all’angoscia più parossistica.
In un istante.

Non è facile la mia via, ancora dopo anni la strada è accidentata, cado, mi sbuccio le ginocchia e piango. Piango.
E mugolo "non voglio più".
Come se chiudermi al mondo, a me stessa, alle mie oscure pulsioni potesse liberarmi e placarmi, potesse farmi stare bene. La ghisa non sente, il ghiaccio non ode, il piombo non soffre. Invece sì. Intrinsecamente.

Voglio ancora, invece.
Mi rialzo, mi asciugo le lacrime. Ancora una volta, sulla via. Imparato qualcos’altro, un altro frammento di me va a posto e ne appaiono altri, prima invisibili, da sistemare.
Il dolore viene sparso, schizza i volti delle persone a cui voglio bene; lavarlo via è sempre difficile. Ma è l’unica cosa da fare.
E riprendere il cammino, più sincera, più completa, più segnata di prima.

Ed è giusto così. Il cuore si rimargina piano, nuove cavità accolgono nuove sensazioni, all’infinito. E’ immenso e solo io non me ne rendo conto.
Posso amare all’infinito.

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