C’è una differente qualità nei colpi.
Ogni mano è diversa; come lo è ogni persona, e la mia relazione con ognuna di esse. Queste differenze sono ciò che impreziosiscono ogni singola esperienza.
Quando mi trovo lì, che sia piegata, chinata o distesa, a ricevere i colpi, ascolto la mano di chi mi colpisce. Tra me e me, riconosco chi mi sta colpendo. Tra me e me, ridacchio nell’accorgermi che il colpo ricevuto è più leggero o delicato. Penso: ecco, il colpo è leggero, è spostato sul fianco invece che centrato sul culo, è dosato male; e sogghigno. Mi sento furba.
E invece. Man mano che la sessione procede, che gli schiaffi volano, che le fruste sibilano, la mia coscienza si riduce; non riconosco più i colpi, mi abbandona la presunzione di sapere chi sta facendo cosa, l’arroganza di sentirmi in controllo. Mi lascio andare. E quando mi accorgo che non so più che sta succedendo, chi mi sta colpendo né con cosa, si impossessa di me una vertigine.
Finalmente non sto più controllando niente, non devo tenere duro né dimostrare qualcosa. Mi lascio trasportare dalle sensazioni, dalla carne, dalle volontà di chi mi è intorno; con la consapevolezza di essere al sicuro.