Sforzo sovrumano

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Ho sempre addosso questa terribile sensazione di non fare abbastanza, o abbastanza bene; un’angoscia che mi mordicchia i calcagni, che mi stringe la gola. Mi sento in difetto, inadeguata, sbagliata; aspetta, non era mia madre che mi diceva così? A volte penso: è una mia inclinazione naturale. Ma in realtà è innaturale, indotta; innestata in me fin da piccina, ha radici così profonde e viticci così avviluppati nel mio animo inconscio che fatico a tranciarli. Una mala pianta che confondo con le mie vere radici, ma che mi toglie acqua, ossigeno, vita.

C’è anche, sempre, lei. Riesco a non pensarci ma salta sempre fuori. Con nessun’altra mi viene questo feroce senso di competizione – non così feroce. Un senso di smacco terribile perché non faccio le stesse cose che fa lei, o non come lei, o di più, o meglio, o chissà.
Non ha forse anche lei il diritto di viversi i cazzacci suoi? Pubblicare le foto che le pare, dichiarare quello che le pare, condividere quello che le pare, vivere quello che le pare?
Certo.
Forse il punto è: non ho forse IO il diritto di vivermi i cazzacci miei, eccetera?
Ecco, perché forse questa invidia che mi rode mi sale perché nego a me stessa di dire/fare certe cose. Mi trattengo nella convinzione di essere in torto, di non dovermi permettere, di non avere diritto. Per non disturbare, non dispiacere, non indisporre.
Ma nessuno me l’ha chiesto; nessuno mi ha mai detto che disturbo, né che dispiaccio.

Compio uno sforzo sovrumano che non ottiene riconoscimento, perché a nessuno è mai venuto in mente che dovessi farlo; tranne che a me.

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