Adesso sono io la terza, l’altra. La secondaria. La slave.
So qual è il mio ruolo; so qual è il mio posto. Certo, come ogni animale ogni tanto alzo la testa, reagisco, mi ribello; ma solo per essere tenuta giù. A questo ambisco: ad essere tenuta giù.
Non voglio ferire nessuno. Non voglio provocare dolore inutile, dolore superfluo.
Sta a me. È compito mio, ora, la rassicurazione. È mio dovere stare buona e non provocare: gelosie, attriti, sofferenza, incomprensioni. Non pretendere nulla oltre ciò che mi viene concesso. Non pretendere nulla oltre ciò cui ho diritto.
Posso dire: sono stata tentata. Mi sono trovata in quella stessa situazione. Dall’altra parte. Ma ho scelto diversamente. Certo ho avuto paura; paura di cedere. Perché sono umana e di carne.
Ma ho pensato: no, io non sedurrò il Padrone.
Mi ha battuto il culo con forza per un’ora e ne sono uscita sbavante, tremante, ubriaca – ma con ancora le mutande addosso.