Quando per caso o per scelta capito su un sito di hentai, difficilmente riesco a staccarmene subito. In preda a una specie di droga, di frenesia, clicco sulle immagini, procedo nelle tavole e guardo, guardo questi disegni così dettagliati, così porno, spesso così pervertiti e così pieni di umori che colano e schizzano. Prima che me ne renda conto è già passata almeno mezz’ora, un’ora, e le mie mutande sono nelle stesse condizioni di quelle delle protagoniste di quelle storie. Mi sento scivolare e realizzo in che stato sono ridotta ben prima di andare a controllare; faccio passare una mano nei pantaloni e trovo un bagnato vischioso che mi incolla gli slip al sesso, e che spesso mi ha infradiciato al punto che cola attraverso il tessuto spesso dei jeans.
Allora chino la testa arrossendo e scuoto il capo, incredula di potermi bagnare fino a questo punto. Eppure.
Potrei venire in un attimo; basterebbe far scivolare un dito in circolo due volte, veloce, guardando quelle immagini, lasciandomene travolgere, e potrei venire subito.
Quasi mordo il tavolo per impedirmelo. Mi sfioro e mi obbligo a spostare la mano. A fatica.
Non ho il permesso di farlo.
E mi assale la consapevolezza allora di quanto spesso lo facessi, prima; di quanto il porno mi distragga da qualsiasi altra cosa e mi porti via, in un mondo umido, torbido e ansimante; e quanto mi piaccia immergermi in quel mondo, lasciarmi lambire dalla sua corrente vischiosa, lasciarmi trasportare dalla sua marea.
Come fai a scrivere così? Lo chiedo perché io non ci riesco, forse non riuscirei nemmeno a parole. Penso di non aver provato mai, tra l’altro.
Per te è facile in entrambe le ‘realtà’?
Hentai. Un nippo-universo che è più perverso dei quello in carne ed ossa, di questo te ne accorgi a prima vista.