In ginocchio, passo la spugna sul pavimento. Quando alzo gli occhi, vedo che il Padrone mi sta osservando; abbasso subito lo sguardo e frego con più solerzia. Lui ridacchia.
“Sai qual è la cosa divertente?”, chiede, rivolto a Sua moglie; “Che non ha ancora capito una cosa. Intanto, io mi diverto”
Rialzo lo sguardo. Stava parlando di me, certo; giro gli occhi attorno, sperando di cogliere un indizio di ciò che avrei dovuto capire, ma non ne ho idea. Lui sogghigna.
“Be’, ma, sa, Padrone”, esordisco, “io sono felice che lei si diverta, quindi ci metto tanto a capire”. Le parole mi escono senza che riesca a fermarle, la faccia mi si tira in un sorrisetto furbastro. Rimango stupita di me stessa.
Lui sbuffa una risata: “Ma tu guarda che faccia da culo”, ride.
Io ritorno a concentrarmi sul pavimento.
Sono stranamente euforica, non riesco a smettere di ridacchiare tra me. Mi sento una peste. Non sono mai stata una peste; o forse sì. Solo non sapevo di esserlo. Sono linguacciuta e pungente, faccio battutine sarcastiche e taglienti; mi vengono spontanee. Mi vien da sé fare la facciadaculo.
Pensavo di essere più docile, più sottomessa; invece, mentre non è in dubbio la mia indole sub, mi comporto in modo pestifero, qualche volta. In alcuni momenti mi sorgono le battutine ma mi trattengo, per decenza, conscia che non è nel mio ruolo dire certe cose – non dovrei nemmeno pensarle, forse! Ma in altri mi scappano. Poi, mi stringo nelle spalle e mi faccio piccola piccola, sperando di far ridere, di ricevere un’occhiataccia o uno sculaccione che mi facciano piacere, che mi “puniscano” tra mille virgolette per la mia sfacciataggine.
In quei momenti torno indietro alle scuole medie, quando punzecchiavo il sedere della mia compagna di banco con la punta del compasso perché si arrabbiasse, mi saltasse su e mi insultasse. Era un gioco, non c’era nessuna vera rabbia; era un primissimo, larvale, inconscio rapporto Dom/sub. Torno a quelle risate, a quelle finte botte, al suo sguardo fiammeggiante e al suo sogghigno nel potermi punire della mia provocazione.
Mi batte ancora forte il cuore.