Pilota automatico

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A volte si vive allo stesso modo come si guida su una strada che si percorre tutti i giorni: con il pilota automatico.

Forse è proprio una caratteristica umana peculiare cui non si può sfuggire: quando il percorso è noto andare avanti senza pensare, lasciando che la mente vaghi e si distragga, mentre una parte periferica del cervello segue la noiosa routine il minimo indispensabile per non andare a sbattere.

Ho un po’ questa sensazione: non solo di avere vissuto in automatico nell’ultimo periodo, ma di averlo voluto. Per non dovere affrontare la fatica di pensare, di concentrarmi, ma lasciando scorrere i giorni distraendomi con attività note, facili (magari non semplici, ma facili). Salvo poi riavermi ogni tanto e stupirmi: ma come sono arrivata qui? ma è già finito agosto? ma è già venerdì? E magari accorgermi che avrei invece dovuto uscire prima, prendere l’altro svincolo e non quello che prendo di solito, pensare i pensieri difficili invece che sfuggirli.

Così rieccomi: a riprendere le fila del discorso, a ripensare alla strada fatta e a quella da fare, e soprattutto ad affrontare tutto quello che in vacanza non è scomparso, ma mi ha aspettata al mio rientro, con quell’odore di chiuso e di polvere che prendono le case dopo averle lasciate per andare al mare. Un odore che è anche una promessa di essere di nuovo accolti in un luogo familiare, che non serba rancore per essere stato temporaneamente abbandonato, ma che ora pretende la giusta attenzione per essere rianimato, risvegliato, aperto e rinfrescato.

Sono pronta a rientrare in me.

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