A luglio, al Kinksters, ero da sola. Senza collare. Libera di fare come preferivo. E così il venerdì sera ho deciso di osare e conciarmi da cane.
Era una cosa che desideravo provare, ma o non avevo osato chiedere (una schiava non chiede) o non era nell’interesse dell’Altro oppure non so, non ricordo, non c’era stata occasione. Adesso posso (o devo) decidere per me stessa. Allora ho osato.
Ho ordinato le ginocchiere e le moppine da cane (quelle che si mettono ai cani veri) su Amazon. Ho preparato la borsa pensando al dress, con gli anfibi e la tutina comprata tanto tempo prima a Feltre in un negozio che ora non c’è più. Mi sono truccata con l’ombretto per avere l’occhiaia nera.
Ho messo la maschera da cane, mi sono fatta mettere le moppine e sono andata alla festa.
Dovete saperlo: ero terrorizzata.
Nessun Padrone, nessuna protezione. Ero lì io, da sola: unica responsabile del mio aspetto, dei miei desideri, del mio sentire. Un cane senza collare né guinzaglio.
Quando sono arrivata c’era l’esibizione di corde, tutte le persone erano sedute a guardare. Ho inspirato, ho espirato e ho pensato: ok. Mi sono buttata a quattro zampe.
Cambia così tanto la prospettiva: di colpo non sei più nel consesso umano, non hai più una presenza pari agli altri. Nessuno ti nota, sei troppo in basso. Certo, sono abituata ad essere più bassa della media (153cm), ma questa è un’altra cosa.
Mi sono guardata attorno.
Seduto in prima fila, ho visto un ragazzo con i capelli verdi che mi guardava e saltellava di entusiasmo, indicandomi al suo compagno. Ho pensato: vado. Non ho realmente pensato, in effetti: ero così terrorizzata, avevo bisogno di un appiglio. Lui, senza saperlo, me lo ha gettato. Sono andata là, a quattro zampe, e lui mi ha coccolata come si fa coi cani. Mi sono seduta ai suoi piedi e quando le coccole sono state troppo, ho alzato la testa e gli ho detto: ora basta, per favore. E lui ha smesso, mi ha guardata e mi ha detto: grazie per avermi comunicato così chiaramente i tuoi limiti.
Sono rimasta a bocca aperta (sotto la maschera). Forse non sono mai stata validata così tanto in vita mia. Così tanto accolta, riconosciuta nella mia persona kinky e nella mia persona umana meritevole di rispetto nei suoi limiti, in modo così spontaneo, completo e diretto da parte di un perfetto sconosciuto.
Il giorno dopo, quando l’ho rivisto, nella mia figura umana in tenuta da piscina, sono andata da lui e gli ho detto: ciao, ero io il cane di ieri sera. Lui si è illuminato e mi ha detto: “Oddio, che meraviglia! Ieri sera mi sono girato e ti ho vista e ho pensato: ma c’è un cane! Ma è una persona!! Ma è un cane!!!” con un entusiasmo tale che mi sono di nuovo commossa.
E’ così: sono un cane, ma sono una persona, ma sono un cane.
bellissimo racconto , con tratti di introspezione molto validi…complimenti!