E’ terribile a volte essere una che scrive. O una che pensa tanto.
Mentre sono nel predicament, mentre ricevo i colpi, mentre lecco i piedi al Padrone, la mia mente inizia a prendere appunti, a mettere in parole quello che sto sentendo, per poterlo poi scrivere, per raccontarlo, narrarlo, fissarlo. Per ricordarlo in descrizioni, oltre che in sensazioni.
Allora non sono più solo nel momento. Sono lì e contemporaneamente osservo. Come in un sogno in cui si è sia chi guarda sia chi vive quello che accade.
Non è una cosa che decido. E’ uno scollamento che accade da sé; un diverso modo – sovrapposto – di percepire quello che sto vivendo.
Le parole si mischiano alle sensazioni, la mente vigile si immerge nel corpo, non più in opposizione ma in comunione, per partecipare di questa totalità e poterla raccontare, poterla trattenere anche una volta riemersa dalle profondità.