Dentro di me, ad aiutarmi e guidarmi, ho una Mistress interiore.
Certo io non sono per niente dominante, non ho velleità di dominazione su nessuno, eccetera. Al contrario: mi piace affidarmi ad un Dominante, farmi guidare, farmi dare ordini, servire. Nel tempo però questo affidamento si è molto ritratto. Sono cambiata e in qualche modo, anche se mi attira, non mi va più; soprattutto non accetto più da me stessa di deresponsabilizzarmi mollando tutta la patata bollente della relazione al Dom (cosa non molto corretta, peraltro). Quindi, sono diventata refrattaria anche nell’accettare regole e indicazioni nella mia vita quotidiana. Mi piacerebbero, poi però storco il naso. Perché ho imparato che le regole imposte funzionano davvero solo se vengono anche interiorizzate: se restano solo un input esterno, perdono efficacia al variare della relazione, o ad un certo punto vengono vissute con insofferenza.
Però in qualche modo ho bisogno di una guida, e un metodo che ho trovato è visualizzare quella parte di me che è responsabile, forte, attenta, che prende decisioni sane e funzionali, che dirige la mia vita in una direzione stabile. E’ la mia Mistress interiore.
Sono sempre io. Però Domme.
E’ una Miss esigente ma comprensiva, forte ma compassionevole; vuole il mio bene e anche il mio miglioramento, come è giusto che sia in una relazione D/s.
Talvolta, quando mi sento stanca o se ho troppi pensieri intrusivi, ricorro a questa figura immaginaria. Prende corpo accanto a me e mi aiuta, mi sprona, mi accudisce. Mi insulta, anche, un po’. Ma con affetto.
Secondo l’ACT (Acceptance and Commitment Therapy) anche i meccanismi disfunzionali appresi e le voci interiori critiche sono nati nella psiche per proteggere, per aiutare, con lo scopo di sopravvivere nel modo migliore possibile. Poi crescendo diventano spesso poco sani e tocca imparare a gestirsi diversamente. Ma in base al principio che tutto in me in realtà cerca di aiutarmi (anche ciò che mi fa male) ho deciso di dargli corpo, di visualizzarlo in questo modo. Non sento voci né penso che sia reale; è un modo di fare pace con me stessa, di rendermi mia alleata.