Disfunzionale

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E adesso che ho capito, davvero, che ciò che chiamavo appartenenza e che mi sembrava una cosa profonda, meravigliosa, poetica, un dono di dedizione assoluta, in realtà era dipendenza emotiva? 

Ho puntato tutto sulla relazione: ho investito ogni briciola delle mie energie verso l’Altro, cercando di ottenere in cambio quel senso di valore, di merito, che non riesco a percepire in me. Cercando quel “brava” che non sono capace a dirmi da sola. 

Ho proiettato le mie capacità all’esterno, dedicandomi al servizio per ricevere validazione, supporto, conferma, accettazione; per sentire di essere, almeno, utile, e quindi guadagnarmi l’esistenza. 

Il mio esserci, sacrificarmi, stare vicino e accettare ogni cosa è stato un modo per mantenere la vicinanza, perché la vicinanza mi restituisse un’idea positiva di me, e alleviasse il mio costante senso di colpa. 

Ma ho anche cercato inconsapevolmente la validazione là dove era più difficile, perché altrimenti non avrebbe avuto un vero valore. Ho gioito nella sofferenza di anelare ad un Padrone distaccato e l’intensità delle emozioni che provavo mi convinceva che fosse giusto. 

Adesso potrò crederci di nuovo? Trovare un modo sano, funzionale, negoziato, consensuale di vivere quella dipendenza emotiva con qualcun altro? O un modo diverso di vivere l’appartenenza senza che diventi dipendenza emotiva? Mantenere la mia autonomia mentre mi sottometto, restare vigile mentre mi affido: è possibile? O meglio: ne sono in grado? 

Non so se sia sano, per me; non lo so più. Non riesco più a crederci né a fidarmi delle mie emozioni, ora che mi si è svelata questa verità. E insieme vorrei ancora che fosse reale, viverlo ancora, sentire ancora quelle emozioni così viscerali.

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