Siamo così piccole e preziose.
Abbiamo un cuore di vetro e non vogliamo altro che affidarlo a qualcuno.
Come una sfera di cristallo, questo cuore trasparente che abbiamo mostra al suo interno il tumulto incomprensibile delle nostre emozioni. Un ribollire liquido da interpretare, per chi sappia vederlo e leggerlo.
Lo portiamo in giro così, in palmo di mano, esposto alle intemperie, rischiando di farlo cadere da un momento all’altro. Speriamo di trovare chi saprà reggerlo con mani di velluto e custodirlo al sicuro. Desideriamo unghie che ne solchino la superficie, donandoci brividi ma senza scalfirlo; punte di diamante che lo decorino di delizioso dolore e ci rendano orgogliose di portarlo.
A volte ci facciamo male da sole, perché non riusciamo a trovare quella qualità di dolore che placa il nostro tumulto interiore.
A volte di questa fragilità ci facciamo scudo, credendo che la durezza del vetro ci protegga.
A volte lo affidiamo ciecamente e lo ritroviamo a terra in pezzi. Allora ne raccogliamo con fatica i cocci, tagliandoci, recuperando quanto più possibile del suo inestimabile contenuto; lo rimettiamo insieme come si può, sperando ancora di trovare qualcuno che sappia prendersene cura, e magari ricostruirlo.
Questo è il dono di noi stesse che porgiamo.