È sempre sulle braccia che mi segno.
Il giorno dopo essere stata legata, trovo piccoli segni rossi subito sotto i deltoidi. Sono come puntini di sospensione – ed è un termine invero appropriato. Tratteggi curvi appoggiati sulle mie braccia, ricordo di un abbraccio ruvido, stretto, nel quale mi sono abbandonata a peso morto.
Un tempo farmi legare non mi interessava granché. Ora invece mi coinvolge, mi fa spegnere la testa; chiudo gli occhi e non sono più lì – e ci sono ad un livello tale che non sono raggiungibile. Sento i suoni esterni ovattati, lontani; non mi riguardano. Ansimo, sospiro. Mi piace sentire la scomodità della posizione, il segare della juta, il tocco del rigger che mi sposta e mi avvolge in queste spire.
Mi lascio appendere e semi-sospendere. Mi abbandono sicura di non cadere. Tiro per il puro piacere di sentire la rigidezza delle corde che grattano e mi si incidono nella carne. Il senso di costrizione mi fa sentire libera e protetta.
Il giorno dopo mi guardo le braccia, accarezzo quei lievi tratteggi e sorrido.