Mi sembra passato moltissimo tempo. Oppure pochissimo.
Cento giorni.
Cento giorni dalla prima volta che ho letto un suo messaggio, da che gli ho risposto perché il messaggio era cortese, educato e mirato. Nessun “ciao” buttato a caso, nessuna pesca a strascico con un testo copiaincollato.
Cento giorni in cui ci siamo conosciuti, in cui il dialogo è fluito quasi da solo, in cui ci siamo confrontati su gusti, interessi, punti di vista. Cento giorni in cui siamo passati dal tu al lei, dal nome al titolo, dalla conoscenza all’appartenenza.
Cento giorni di ottovolante. Salite cariche di tensione, discese improvvise, respiro mozzato; cuore in gola, stomaco contratto, gambe strette e nocche bianche per quanto mi aggrappo: per la paura di farmi male, di cadere, della velocità e per l’emozione violenta che mi travolge.
Cento giorni di parole, di dialogo, di comunicazione; di comprensione anche dei momenti incompresibili. Cento giorni di esplorazione, di termini, di dinamiche; di infilarsi sottopelle e di trovare nuovi modi per farlo, nuove parole, nuove immagini.
Cento giorni di messaggi che mi fanno sorridere, contrarre, stringere, ansimare, riflettere.
Cento giorni di corpo, pressione, presenza, vicinanza estrema addosso, sopra, dentro.
E’ tanto?
E’ poco?
E’.
E’ intenso, potente, destabilizzante, diverso, feroce, intimo.
E continua…
un Padrone non dovrebbe dirlo, ma per me è uguale: E’ intenso, potente, destabilizzante, diverso, feroce, intimo.