Distesa, mi ordina di tenere la bocca aperta; lo sento incombere su di me, anche se tengo gli occhi chiusi: ne sento il calore, il respiro, la presenza. So cosa sta per fare e sto già tremando.
Il suo sputo mi cola sulla lingua e in bocca.
Gemo e mi dibatto in preda allo schifo.
Non posso farne a meno, è più forte di me: mi fa schifo questo liquido viscoso e caldo che mi cola dentro col suo vago gusto di caffè. Chiudo la bocca, sbavo, lo faccio colare fuori, lungo le guance, strillando e rigirandomi.
Mi ordina di nuovo di aprire la bocca. Strizzo gli occhi e lo faccio, controvoglia, il viso contratto in una smorfia, implorando mentalmente pietà, ma lo faccio.
Eccolo, ancora, silenzioso e viscido; è tantissimo e faccio le bolle, schiumando, sputandolo, versandolo fuori dalla mia bocca. Lo stomaco mi si contrae per il senso di umiliazione che provo, per lo schifo che sento, per il piacere oscuro che mi rimescola i visceri: sono Sua, da usare come preferisce. Ricevo quanto mi dà.
Ma è comunque più forte di me: in mancanza di un esplicito ordine che mi obblighi diversamente, rimetto la sua saliva fuori di me, a impiastrarmi la faccia.
Più tardi, mi mette il morso. Dieci centimetri di gomma dura di traverso alla bocca, che mi impediscono di richiuderla o anche solo di accostare le labbra.
Di nuovo distesa, lo sento di nuovo sopra di me; tremo, stringo i pugni, tengo gli occhi chiusi e spero che non lo faccia… ma naturalmente lo fa: con perfetta precisione sento il suo sputo insinuarsi tra il morso e il mio labbro inferiore, mi cola in bocca e sul mento, mi scivola sulla lingua.
Non posso più opporre alcun trucco per rigettarlo. Sento la sua saliva in gola.
Emetto versi, contraggo la faccia, mi dibatto ancora, giro la testa a destra e a sinistra ma non ho alcuno scampo.
Ingoio il suo sputo ed è un’umiliazione più profonda e devastante che non se fosse sperma.
Quando infine mi fa sollevare e mi toglie il morso mi sento stordita e annichilita, e felice di esserlo.
Mmmmm! Eccitante!