Cacofonia

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La sala è ampia e altissima. Le capriate con le travi di legno sovrastano il pavimento in parquet e tutta la varia, rumorosa umanità che è qui convenuta, stasera, per ritrovarsi insieme a fare corde. Bello rivedere persone, volti conosciuti, e vederne di nuovi; si raggruppano in capannelli e chiacchierano, si ritrovano, ridono. Una socialità (kinky) che ci è mancata per un bel po’ e che è ripresa più intensa che mai.

Ci ritagliamo uno spazio che occupiamo con la nostra coperta mentre ancora gli organizzatori appendono i bambù alle travi: numerosi punti di sospensione cui tutti o quasi tendono con desiderio.

Quello più vicino a noi, anche se sembrava già occupato, è improvvisamente libero e decidi di approfittarne. Lentamente, inizi ad avvolgermi nelle corde, fai salire la linea di sospensione, mi privi dell’equilibrio.

C’è tantissimo rumore. La sala altissima ha un’acustica terribile, tutto rimbomba: le voci, le risate, anche la musica che pure è stupenda.
Il TK stringe, mi richiude le braccia intorno al corpo; mi leghi le gambe insieme e mi spingi, resto appesa, le corde mi mordono la carne.

Chiudo gli occhi ed ecco: tutti i rumori, il casino, le urla, la musica, la caciara: tutto scompare e va in fondo al mio range percettivo mentre sono nelle tue corde. A tratti risale e mi stupisco che ci siano ancora dei suoni fuori da me, da noi, da questo spazio legato. Fischietti il motivo di Lullaby dei Cure e mi accorgo della musica, che ci accompagna.

Mi lascio appendere e trasportare dal dolore e dalla costrizione, come sempre, sospinta dal tuo sguardo.

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