La percezione della punizione I

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Ci sono purtroppo quei giorni tremendi, incalzanti, in cui ti piove sempre sopra e tutto va storto, quando tutta una serie di circostanze, di impegni improvvisi, di idee balzane dei capi al lavoro, di qualsiasi cosa, ti fanno saltare i progetti che avevi.
Quando quel progetto era passare il pomeriggio dai Padroni, la catena scende così veloce che brucia come la corda di una tapparella che sfugge di mano.
Seduta da sola in macchina, in un paesino in mezzo al niente, con il completo intimo bello e gli stivali coi tacchi, rimugino.
Mi pesa un peso sul cuore e mi viene da piangere un pianto di rabbia, di capriccio, di bambina che pesta i piedi e grida: non è giusto, non è giusto! Mi sento punita, beffata. Con tutta la fatica che faccio, l’impegno che ci metto, non solo non ottengo ricompensa ma mi viene tolto ciò che mi spetta – il mio tempo col Padrone. Percepisco di stare subendo una punizione ingiusta che mi brucia dentro come fuoco.
Poi respiro, leggo il messaggio del Padrone, mangio qualcosa ché sono in calo di zuccheri da morire. Inspiro a fondo l’aria tiepida di questo autunno così mite e bello, un’aria di foglie secche e vento; le nubi un po’ si aprono e lasciano sfogare il sole.
Non è una punizione. Nessuno mi sta punendo. E’ solo sfiga; capita. Ma nessuno ce l’ha con me. Non c’è nessuna ingiustizia.
Rasserenata, riprendo il mio lavoro; mi rimbocco le maniche e attingo alla mia riserva di grinta, che ne ho bisogno.
Domani, domani sarà un altro giorno, ed il mio Padrone so che mi attende.

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