Quando mi afferra per i capelli, all’inizio, in un momento divento animale.
Non ci penso, non lo decido consapevolmente: succede e basta.
Sollevo la testa, la scuoto contro la Sua mano; voglio sentirLo stringere, schiacciarmi a terra, dominarmi. Faccio resistenza solo per sentire più forte la Sua mano che mi tiene.
Dopo poco, però, mi lascia andare. Io allora sogghigno tra me come se avessi vinto qualcosa, come se Lo avessi battuto in uno scontro di volontà; scodinzolo e ondeggio sopra la cavallina, la testa che ciondola, un sorrisetto sulle labbra, lo sguardo che gira attorno. Forse addirittura bisbiglio qualcosa, qualche parola di vittoria, o sibilo e basta.
Non lo faccio apposta: è qualcosa di animale che, dentro di me, si è svegliato. Perché ora? chissà. Mi sento forte; mi sento fiera, nel senso di belva.
Poi arrivano i colpi a mano piena, i graffi profondi; mi afferra come per strapparmi la carne di dosso ed io mi inarco per lasciarmi lacerare.
Quando torna ad accarezzarmi la testa mi scopro docile e mansueta. Mi lascio afferrare per i capelli e seguo la Sua mano, ci passo il muso quando me la porge – ed è un muso e non un viso.
Mi ha domata. Abbasso la testa e penso – un pensiero primitivo, semplice, primario – penso: sì. Ora sì. Non lotterò.
Un po’ troppo facile come resa…
Se lo dici tu…