La corda tira.
O meglio: tu tiri la corda, che è stretta attorno al mio corpo, ai miei capelli. Mi tiri su, verso l’alto, ma non tanto da sollevarmi da terra, no: la corda è appena abbastanza lunga per trattenermi in punta di piedi.
I polpacci urlano, insieme a tutto il resto. Il corpo compresso, le braccia serrate, le corda che taglia le braccia, il seno, il torace. Sento tutto e tutto si confonde in un indistinto dolore, una scomodità che diventa sofferenza. Non posso riposare nulla.
Tengo gli occhi chiusi e ascolto questa sofferenza, la assaporo; gemo e ansimo per la fatica e il dolore, ma non vuol dire che non sia esattamente dove sono felice di essere.
Sono qui, sono tutt’uno con il mio corpo, non ho pensieri, non ho ricordi. Sono nel presente, esattamente in questo istante in cui sento te, la corda, i muscoli, i capelli tirati e il mio sesso bagnato.
