Sono molto rilassata, anzi, già mezza addormentata. Il divano è incredibilmente accogliente e sento che mi sta inglobando, quando tu decidi: facciamo corde. Io sono contenta e obbedisco, ma temo di essere troppo stanca.
Mi fai una legatura fuori standard: invece di iniziare immobilizzandomi le braccia, inizi dalla pancia. Uno, due giri di corda e stringi; mi avvolgi il torace, poi le cosce, singolarmente. Sembra una tutina di corda. È molto bella, ma sono perplessa perché sono ancora perfettamente libera di muovermi, non mi hai bloccato né le braccia né le gambe. E’ strano. Eppure, le corde stringono e non mi sento “perfettamente libera di muovermi”, anzi. Tengo gli occhi chiusi, la stanchezza mi ottenebra; cerco di ascoltare le corde.
Le afferri e mi tiri giù, stesa. Afferri il nodo centrale sulla mia pancia e stringi. Mi si mozza il respiro. Di colpo la costrizione diventa evidente, potente. Ansimo e mugolo, piano: sono in un posto tutto mio ma diverso dal solito. Non sono scesa per la solita via, addirittura non mi sembrava di stare scendendo, da come ero stanca, mi pareva che le corde non stessero facendo effetto. Invece.
Ho le braccia semi contratte, sono tesa, sento il tuo corpo accanto al mio, la tua presenza sopra di me. Stringi le corde e mi sposti, mi controlli da questa gabbia che mi hai stretto addosso. Boccheggio.
D’improvviso riesco a prendere fiato. Trovo il mio respiro nelle corde. Inspiro a fondo ed espirando mi abbandono. Le braccia scendono, ora rilassate, a stendersi sul pavimento. Sto benissimo in questa stretta dolorosa e scomoda.
Mugolo come sempre di dispiacere quando sento che inizi a sciogliermi. Non vorrei mai venire liberata da questa libertà costretta che mi doni.