Quando ancora il dolore del primo colpo di cane sta salendo, arriva il secondo.
Urlo e mi piego su me stessa, singhiozzando; forse piango, forse sto per piangere. Mastico la ball gag cercando di dire “giallo”. Allento le dita intorno alla pallina, penso di gettarla a terra e fermare, fermare.
E Lo sento accanto a me.
Solido, mi abbraccia, mi accarezza, mi placa.
Il dolore è ancora lancinante; sento il cane picchiettarmi sulle cosce e scrollo la testa per dire no, no, La prego, basta, è troppo.
Ma la Sua presenza è un viatico di forza. Mi tiene. Raddrizzo le gambe, inspiro, espiro, ansimo, sbavo. Stringo di nuovo le dita intorno al safe signal.
Penso: va bene. Va bene. Per Lei. Se Lei lo vuole.
Tremo, ascolto il cane saltellarmi sulle cosce, tra le gambe, ho il respiro pesante, attendo un colpo secco che non arriva.
Lo so che non è solo bava quella che mi bagna qui sotto; che non è solo saliva colata dalla bocca al mento al petto alla pancia al pube fino a terra. Eppure il dolore è travolgente. Sono insieme terrorizzata e rassicurata.
In questo corto circuito mentale e fisico mi appoggio a Lui, fisicamente e mentalmente.
Accetto ciò che vorrà farmi, Padrone.
Intenso. Niente altro si può dire.